Gli effetti della caccia sul comportamento della pernice bianca in Alta Valtellina

In qualità di cacciatori delle Alpi Italiane voi conoscete meglio di me quanto possa essere gratificante ma anche impegnativo cercare le pernici bianche in queste montagne. Lo scorso anno, da agosto a dicembre sono stata tanto fortunata da fare proprio questo.

Sono una dottoranda dell’università di Friburgo in Germania e il titolo della mia ricerca è: “La sensibilità al disturbo della pernice bianca: la valutazione del ruolo della caccia”. Conoscere che effetti possano avere le attività umane sul comportamento della fauna è importante se vogliamo conservarla per il futuro. Specialmente nell’Europa Centrale ci possiamo aspettare che l’habitat e quindi la popolazione di pernice bianca si riduca nei prossimi anni. La riduzione dell’habitat negli anni passati fu, tra l’altro, causato da una combinazione di riduzione della neve e aumento della copertura forestale. Contemporaneamente le attività ricreative dell’uomo all’interno dell’habitat della pernice bianca sono aumentate. Quindi dobbiamo domandarci che effetti abbia la caccia in questo mix di fattori che influenzano la pernice bianca. La caccia può portare ad una maggiore sensibilità al disturbo da parte delle pernici bianche poiché queste non sono in grado di distinguere tra cacciatori e turisti disarmati? Se l’attività venatoria porta ad una maggiore sensibilità al disturbo da parte dell’uomo, questo effetto può cessare quando la caccia è chiusa oppure gli uccelli continuano ad essere spaventati dagli uomini?

Personalmente credo che noi dovremmo cercare di rispondere a queste domande perché, senza queste conoscenze, in futuro ci troveremo ad affrontare i problemi della conservazione della pernice bianca senza tenere nella giusta considerazione anche gli interessi dei cacciatori e degli escursionisti. Conoscere il nostro impatto sull’ambiente è, secondo me, il primo passo nel tentativo di conciliare gli interessi umani e della fauna selvatica.

Prima del mio lavoro sulle Alpi italiane, avevo già raccolto dati in Islanda nel 2016 e nel 2018. Come prova della sensibilità al disturbo della pernice bianca ho usato la distanza di involo, cioè io mi avvicinavo agli uccelli e misuravo la distanza tra me e loro al momento della fuga in volo. Questa parte della mia ricerca ha dimostrato che la pernice bianca può manifestare un “fantasma del passato in cui è stata cacciata”. Ho trovato che, in un’area dove la caccia era stata chiusa di recente, nel 2002, le pernici bianche continuavano ad essere più spaventate dalla presenza umana   rispetto che nei siti chiusi alla caccia, ma non così spaventate come nelle aree dove venivano ancora intensamente cacciate. Siccome io sono interessata anche agli effetti della caccia nel breve periodo, ho raccolto dati in Islanda anche nell’autunno/inverno del 2018, quando le pernici bianche vengono cacciate. Questi dati mostrano che durante le due settimane della stagione di caccia la distanza di fuga risulta essere significativamente più alta che prima della caccia, mentre quest’ultima non cambia significativamente in un’area preclusa alla caccia, che ho usata come confronto. Dopo la stagione venatoria la distanza di fuga sembra ridursi nuovamente.

Volevo trascorrere un’altra stagione sul campo, per studiare l’impatto della caccia nel breve termine, e raccogliere ancora dati durante una stagione di caccia alla pernice bianca. Ho deciso però che sarebbe stato più interessante e utile alla mia ricerca non tornare ancora in Islanda, ma cercare differenti aree di studio, per poi confrontare i risultati con quelli già raccolti.

La scelta di lavorare in Alta Valtellina non è stata difficile, anche se avevo già studiato parte dell’area nel 2017 e capito che qui il lavoro non sarebbe stato facile. Le pernici bianche erano rare, e il paesaggio, così bello, rende molto difficile trovare gli uccelli. Ma il pensiero di lavorare nelle Alpi Italiane mi si era fissato in testa. Non tanto perché pensavo sarebbe stato bello passare del tempo in Alta valle, ma perchè sono fermamente convinta che sia particolarmente importante lavorare in aree di difficile accesso. Come potremmo sapere se le informazioni provenienti dall’Islanda o da altre aree in Scandinavia, con alte densità di pernici bianche e altri ambienti naturali sono applicabili anche alla realtà Italiana se non lo verifichiamo?

Per fortuna ho avuto il supporto del personale e di collaboratori del Parco Nazionale dello Stelvio poiché, senza l’esperienza e la conoscenza dei cacciatori locali sarebbe stato impossibile sapere dove stanno abitualmente gli uccelli. Come area di studio tra quelle aperte alla caccia ho scelto le montagne nei dintorni di Livigno e la porzione cacciabile del Foscagno, come zona di controllo in aree chiuse alla caccia ho scelto l’area di divieto vicino a Santa Caterina e la parte non cacciabile del Foscagno.

Una prima analisi dei miei dati sembra confermare il dato islandese: Durante la stagione venatoria gli uccelli manifestano una distanza di fuga maggiore rispetto a prima della caccia, mentre nelle altre aree di controllo non vediamo questo tipo di cambiamento di comportamento. A causa delle copiose nevicate, dopo la chiusura della stagione venatoria, non sono stata in grado di raccogliere una quantità di dati sufficienti a dare un giudizio definitivo, ma quanto raccolto indica che la distanza di involo torna a ridursi a caccia terminata.

Relativamente alla pernice bianca restano tante questioni irrisolte riguardo al loro comportamento e alle loro esigenze di sopravvivenza. Spero che la mia ricerca,  possa essere un piccolo aiuto a riempire questo vuoto di conoscenza e a facilitare la futura coesistenza tra l’uomo e le pernici.

Il mio lavoro dimostra che, anche se la pernice bianca manifesta una certa elasticità e capacità di adattare il proprio comportamento, l’attività venatoria sembra rendere le pernici più sensibili al disturbo da parte dell’uomo.

Questo è da tenere in considerazione se si cerca di conciliare la caccia con altre attività ricreative in una data area.

Lavorare sulla pernice bianca qui, in Alta Valle, è stato spesso impegnativo, ma nel complesso un’esperienza gratificante.

Il paesaggio è incredibilmente bello e sono sempre stata felice nel vedere non solo pernici, ma anche altri animali, come camosci e stambecchi, arrampicarsi sulle montagne con me. Osservando il cambiamento del paesaggio da agosto fino a dicembre, dai brillanti colori rossi, gialli e verdi dell’autunno al puro bianco neve me lo sono impresso nella memoria. E’ un bene sapere che ci sono così tante persone volenterose, intelligenti e ragionevoli che stanno investendo molte delle loro energie per assicurare che l’ambiente e la fauna si conservino così come sono. Voglio quindi ringraziare ancora una volta tutte le persone che mi hanno aiutata nel lavoro sul campo ed anche supportata nell’analisi dei dati. Per me è stata una fortuna potere lavorare in Alta Valtellina!

PS: Se siete interessati ai dettagli del mio lavoro sul campo e ai suoi risultati, contattatemi tranquillamente: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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